Ieri pomeriggio nei locali del FARO 45
della V Circoscrizione di Torino si è tenuto il secondo incontro del
Nosu Impari con il dottor Vincenzo Prunelli, medico chirurgo,
neuropsichiatra e analista adleriano.
La presentazione del libro “Insegnare,
imparare, insegnare a imparare” è stato il filo conduttore per
discutere, con animata e sentita partecipazione del pubblico, sulle
problematiche legate all'educazione dei bambini e dei ragazzi nel
campo dell'apprendimento.
Descrizione del contenuto del libro.
Il libro indaga la mente da tanti punti di
vista, s’interessa di capirla, svilupparla e farla evolvere, e di
evitare gli interventi che la possono guastare. Adegua l’insegnamento a
ogni fase dello sviluppo, e le richieste ai mezzi di ogni allievo,
perché chiedere qualcosa che sia superiore alle possibilità ostacola lo
sviluppo della persona. Insegna a imparare e a operare usando i livelli
superiori dell’intelligenza, perché è lì che si esprimono l’ingegno e il
talento. Condanna la punizione, la protezione e la facile
giustificazione e lascia la libertà di sperimentare il nuovo, e quindi
di sbagliare, ma esige che ognuno si abitui a pagare le conseguenze
delle trasgressioni. Insegna a parlare “con” e non “a”, e quindi a
collaborare, che è il modo per abituare ad andare oltre ciò che può
essere insegnato; a indirizzare e lasciare libera la creatività che, se
ostacolata o anche solo non riconosciuta, si trasforma in aggressività
difficile da controllare; ad abbandonare i miraggi lontani e a usare le
motivazioni personali, che sono gli stimoli più efficaci per raggiungere
gli obiettivi possibili. Oggi i giovani hanno bisogno di molte
rassicurazioni e forme di realizzazione e, più di ieri, sono stimolati
dalla possibilità di condividere, fare insieme e sentirsi adeguati
rispetto agli altri. Hanno necessità di imparare a confrontarsi sulle
conoscenze e sulle opinioni piuttosto che sulle realizzazioni concrete,
dove esistono sempre meno opportunità di riscontro, e di essere valutati
per le intenzioni prima che per i risultati concreti. Queste
considerazioni fanno pensare a un’educazione meno orientata agli
obiettivi e più alla ricerca della maturità e dell’autonomia, e quindi
meno tesa a trasmettere pure conoscenze e più a favorire lo sviluppo
della persona.